sabato 29 maggio 2010

"Le Tombe ritrovate" - Presentazione

Sabato 22 maggio alle ore 11.00, nella splendida cornice di Palazzo dei Priori, si è tenuta la presentazione dell'iniziativa "Le Tombe ritrovate", voluta e progettata dall'associazione SOS-Volterra in collaborazione col Comune di Volterra e sotto la supervisione della dr.ssa Anna Maria Esposito della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana.
Le numerose persone intervenute hanno avuto il piacere di assistere ad un'interessantissima esposizione sul mondo etrusco volterrano curata da Simone Stanislai, laureando in archeologia, dopo aver apprezzato i saluti di rito espressi da Marco Buselli, Sindaco di Volterra, dal dr. Edoardo Mangano, Presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Volterra, e dal dr. Piero Fiumi, Presidente dell'Associazione Pro-Volterra.
Il progetto, inizialmente concepito come un semplice lavoro di pulizia degli ipogei detti "di San Giusto" ed "Inghirami", si è poi trasformato quasi in uno scavo archeologico dato il ritrovamento in quest'ultimo sepolcro di diversi frammenti potenzialmente riconducibili al materiale inizialmente contenuto nella tomba.
Immediatamente catalogati e puliti, tra di loro spiccano alcuni pezzetti di alabastro verosimilmente staccatisi per rottura dalle sculture scolpite sulle urne cinerarie presenti in origine nell'ipogeo. Sarà adesso cura della Soprintendenza approfondire gli accertamenti e valutare la possibilità di riattaccarli ai manufatti originari.
L'esposizione dei ritrovamenti è andata avanti per tutta la giornata di sabato, visitati da non meno di 300 persone, mentre nel pomeriggio di domenica 23 maggio sono state tenute aperte e rese visitabili le due Tombe Etrusche oggetti dell'intervento, viste da circa 200 persone.
Un successo inaspettato nel quale la domanda più frequente è stata: "Volterra è famosa per le sue origini etrusche, ma se si escludono la Porta all'Arco ed alcuni tratti di mura, di etrusco è visibile ben poco se non nel Museo Guarnacci. Quindi grazie e complimenti per questa iniziativa".
Concludendo l'Associazione SOS-Volterra intende ringraziare l'Amministrazione Comunale per il ruolo cruciale svolto, grazie al quale è stato possibile ripristinare l'illuminazione nella tomba di S.Giusto e realizzare un impianto provvisorio nella "Inghirami", munendola anche di un corrimano, ma soprattutto per averle dotate entrambe di un nuovo cancello di fattura più consona al presidio da mettere in sicurezza.
Indispensabile anche l'avallo ai lavori da parte della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana che ci ha concesso anche la possibilità di esporre i reperti rinvenuti durante la presentazione dell'iniziativa.
Il nostro auspicio è che sia iniziata una nuova e più produttiva fase nella collaborazione tra Istituzioni ed Associazioni, che speriamo possa veder valorizzate sempre di più le bellezze artistiche e culturali di cui il nostro territorio abbonda.
Per questo ringraziamo le Istituzioni intervenute e gli operai Roberto Guerrieri, Giorgio Scarselli, Pietro Fazio e Daniele Favilli, nonchè i dirigenti Fosco Pasquinuzzi, Cristiano Ciolli e Maurizio Becuzzi, senza i quali nulla sarebbe stato possibile fare.
Un caloroso ringraziamento anche ad Edoardo Mangano ed a Piero Fiumi per la sensibilità dimostrata.

giovedì 20 maggio 2010

In Mostra i Tesori Etruschi ---------------------------- (Volterra, 22 e 23 maggio 2010)

VOLTERRA - Dopo il successo ottenuto con la messa a lucido del loculo di San Giusto, Sos Volterra torna con una nuova iniziativa. «La Sovrintendenza nei panni della dottoressa Annamaria Esposito ha apprezzato molto il nostro lavoro - spiega Renzo Provvedi, vicepresidente dell’associazione - e ci ha messo a disposizione una delle tombe più importanti della città». La tomba Inghirami, rinvenuta dai fratelli Jacopo e Lodovico Inghirami nei terreni di loro proprietà nel 1861, è oggi ricostruita al Museo Archeologico di Firenze, e abbandonata al degrado nella sua sede d’origine. Il loculo si trova nella zona ospedaliera, di fronte al reparto Bianchi, e insieme alle urne già rinvenute ed esposte nel museo fiorentino ha riportato alla luce, grazie al lavoro dei volontari di Sos Volterra, innumerevoli reperti. «Sotto 8 centimetri di terra - continua Provvedi - abbiamo reperito molti oggetti, è stata una vera e propria sorpresa». Inaspettatamente il sepolcro ha restituito alla storia ossa, puntali, oggetti in ferro e bronzo, frammenti di vasi e di urne che raccontano una parte importante del passato di Volterra. L’associazione ha voluto rendere giustizia a quest’importante opera etrusca non solo ripulendola, ma rendendola di nuovo visitabile, un nuovo cancello, un passamano, un punto luce fisso e il restauro di alcuni scalini, il tutto per consentire a chiunque di godere di questa bellezza. I reperti saranno esposti e presentati sabato 22 maggio alle 11 nella saletta del Giudice Conciliatore, presso Palazzo dei Priori, mentre domenica 23 sarà possibile visitare dalle 14 alle 20 le tombe Inghirami e San Giusto.
Martina Bilei (Il Tirreno — 19 maggio 2010)

giovedì 6 maggio 2010

MANDRINGA DAY del 18 aprile 2010

Sotto un radioso sole primaverile alcuni aderenti alla Contrada di San Giusto e di SOS-Volterra hanno dato vita, domenica 18 aprile, ad uno splendido lavoro di pulitura di tutta l’area a ridosso del Masso e della Fonte di Mandringa.

Un lavoro impegnativo che ha reso però l’area molto più gradevole e apprezzabile, tenuto anche conto che si trova nel luogo esatto dove comincia la città di Volterra.

Beh – ammette Renzo Provvedi con la fronte imperlata da tante goccioline di sudore – la fatica è sempre tanta, ma la consapevolezza di fare una cosa utile al decoro della nostra Volterra è una sensazione impareggiabile”.

Una riflessione condivisa da ben 10 persone che si sono date appuntamento con tagliaerba, seghe e rastrelli per togliere la vegetazione infestante al fine di creare una piacevole zona di rispetto a questo singolare monolite.

Anche se non è un monumento vero e proprio – prosegue Alessandro Pineschi – quest’area ha un incanto particolare, perché racchiude in sé l’essenza stessa di Volterra: un’altura di panchino con sotto una fresca fonte d’acqua. Un perfetto riassunto dei motivi che spinsero gli antichi a scegliere questo monte come luogo dove fondare una delle città più importanti del passato: altitudine, roccia ed acqua in abbondanza”.

Ma Mandringa è anche altro – come ebbe modo di illustrarci lo straordinario Franco Porretti – è luogo di streghe e fattucchiere, dove un fruscio lento e rabbrividante penetra l’aria ogni sabato notte quale preludio a vorticose e stridule danze di megere.

Favole o no – conclude Alberto Chiodi – è sicuramente ineguagliabile la soddisfazione che si prova nel vedere un luogo importante della nostra storia risistemato a dovere, così come senza eguali è la contentezza che si avverte nel veder lavorare appassionatamente e tutti assieme tanti comuni cittadini per il solo bene comune. Ed è per tale motivo che esprimo un grazie di vero cuore a tutti coloro che hanno reso possibile l’iniziativa, con particolare riguardo alla Contrada di San Giusto senza la quale non sarebbe stato possibile ottenere un così pregevole risultato”.

SOS VOLTERRA


mercoledì 5 maggio 2010

Volterra e gli Etruschi - La Tomba ritrovata

Profilo storico e scientifico

La Tomba Inghirami è forse la più famosa tomba volterrana di epoca ellenistica. Essa fu scoperta dai fratelli Jacopo e Lodovico Inghirami nei terreni di loro proprietà nel 1861.
Interessante, a questo proposito, la menzione che fa della scoperta Don Filippo Gori, l'anno successivo (1862): "I due fratelli sigg. Iacopo e Lodovico Inghirami, facendo la villeggiatura di maggio in quel casino che prende nome dall'ameno giardino che vi si vede (Villa Giardino) nonchè dal prossimo convento (San Girolamo), amanti come sono delle cose patrie, dieronsi a tentare scavi in quel terreno che soprasta la loro villa [...] il grandioso ipogeo scoperto l'anno decorso, attualmente reso di facile accesso, può dar allo studioso l'idea più giusta della vera ed integra forma di quelle case mortuarie".
Da quanto si legge è facile immaginare che la zona di San Girolamo doveva avere un aspetto molto diverso da quello odierno e che la ricerca archeologica poteva avvenire senza l'impedimento delle strutture ospedaliere e delle strade. Interessante altresì il fatto che, dopo la scoperta, si pensò subito a rendere la tomba fruibile agli studiosi di antichità.
La tomba conteneva infatti al suo interno molte urne cinerarie: sul numero esatto ci sono discordanze. La prima menzione è di 42 o 44, per poi passare a 53, cosa che fa pensare a modeste manomissioni e aggiunte al nucleo originario, forse attingendo ai materiali provenienti da tombe rinvenute nelle vicinanze.
La tomba, come la maggior parte delle tombe volterrane, è a camera ipogea. Vi si accede attraverso un ripido dromos con gli scalini tagliati nella roccia, la locale "panchina". L'ingresso, originariamente chiuso da un lastrone in pietra, permette l'accesso ad una grande camera di forma circolare con pilastro centrale e un'unica banchina di deposizione che corre sui lati. Qui, secondo le notizie, erano collocate le urnette, sistemate su una doppia fila: l'impressione che dovettero avere i due fratelli al momento della scoperta non è facile da immaginare, ma una tale ressa di sarcofagi con i defunti recumbenti scolpiti sui coperchi, doveva certo creare una forte suggestione. L'impressione di affollamento doveva esser ancora maggiore se si pensa che, oltre alle urne, all'interno della camera funeraria, trovavaposto un ingente corredo composto da ceramiche e manufatti in bronzo e ferro di vario genere (vasellame da cucina e da simposio, strumenti per la toilette, oggetti della vita quotidiana atti a rappresentare la ricchezza raggiunta in vita e ad accompagnare il defunto nell'aldilà). Purtroppo di esso non esiste più nessuna traccia e nemmeno risulta menzionato nei primi rapporti: fu forse venduto o disperso mentre le urne rimasero all'interno della tomba per molti anni, cosa che non giovò certo alla loro conservazione. Esse infatti "ebbero a soffrire, nel periodo in cui rimasero a Volterra, gravi danni da parte dei visitatori che staccarono e levarono, per ricordo della loro visita, talune teste dai rilievi migliori", scrive il Milani, direttore del Museo Archeologico di Firenze, in una delle lettere che accompagnano l'atto con cui tutto il complesso fu assicurato allo stato nel 1899 per la somma di 8000 lire. L'idea era quella di preservare intatto il nucleo e il contesto di rinvenimento, data la sua integrità e la possibilità di studiare l'avvicendarsi di generazioni pertinenti al medesimo ambito familiare. Fu così che la tomba Inghirami venne disegnata con cura e ricostruita nel giardino del Museo Archeologico di Firenze e al suo interno vennero poste le urne, tutte precedentemente inventariate e descritte con dovizia di particolari. L'alluvione del 1966 coprì le urne di fango ma un accurata ripulitura le restituì al loro antico splendore.
La tomba, da quanto risulta nelle poche iscrizioni che accompagnano i sarcofagi, doveva appartenere alla famiglia Ati: a differenza dei Ceicna\Caecina, che usarono già il latino per le iscrizioni sui loro monumenti, questa famiglia forse fu una di quelle che difesero la loro etruscità fino alla fine (non esiste nessuna iscrizione in latino sulle casse, sebbene le ultime deposizioni della tomba Inghirami si datino già in età romana). Lo studio della tipologia dei coperchi e delle casse delle urne permette inoltre di datare l'arco di tempo entro cui questa tomba familiare fu in uso: il più antico coperchio può esser datato al pieno III secolo a. C., ma sembra incerta la sua pertinenza alla tomba. Certamente pertinenti invece sono invece le urne databili al II sec. a. C., periodo in cui a Volterra erano largamente attivi scultori che producevano urne cinerarie e coperchi su larga scala e di diversi livelli qualitativi. In largo numero sono presenti anche esemplari di I secolo a. C, mentre il termine post quem che segna la fine dell'utilizzo della tomba va cercato nelle urne con coperchi a timpano, ascrivibili all'età augustea. Ricapitolando dunque, la tomba fu in uso sicuramente dall'inizio del II sec a.C. ai primi anni del I sec d.C. Considerando che una generazione viene usualmente stimata in 30-40 anni, nella tomba risultano così deposte almeno 5 o 6 generazioni di etruschi.
Eccetto le urne a cassa liscia (le più tarde), tutte le casse sono decorate a rilievo. La maggior parte dei soggetti è ricollegabile a miti greci, come "la morte di Mirtilo", "la morte di Enomao", "Eteocle e Polinice", ma non mancano anche le consuete scene con soggetti propriamente funerari, con le varie forme di "viaggio agli inferi" e di "congedo funebre".

L'intervento di recupero

Passando a descrivere l'intervento di ripulitura della tomba, dobbiamo innanzitutto ringraziare per la fiducia accordataci la soprintendente Dott.ssa Annamaria Esposito, la quale ha sempre appoggiato e incoraggiato l'operato del gruppo di volontari e appassionati, già legati alla causa dell'archeologia attraverso il nascente Gruppo Archeologico Velathri. Un grazie infinito anche a tutti coloro che hanno voluto supportare questa causa e sono scesi nell'oscurità rischiarata dalle moderne lampade alogene per riportare alla vita un monumento così importante, riallacciando in qualche modo con il loro operato quel filo che ci lega al nostro passato.
L'intervento è consistito innanzitutto nella rimozione dello strato di interro accumulatosi nel tempo all'interno della tomba fino alla messa in luce dell'originaria superficie scolpita nella roccia. Non poche sono state le sorprese: all'interno del terreno asportato sono stati infatti rinvenuti in corso di scavo o durante il successivo vaglio al setaccio della terra, numerosi frammenti archeologici: la maggior parte di essi consiste in frammenti di vasellame a vernice nera, alcuni attribuibili alla locale fabbrica di Malacena, forse parte dell'originario corredo della tomba o, probabilmente, secondo quanto ci dice anche il Consortini, parte dei corredi delle tombe rinvenute durante i lavori per la costruzione del manicomio ("..nel detto ipogeo vi sono state trasportate di recente urnette semplici e scolpite e gran numero di vasi fittili in frantumi raccolti da altri ipogei riscoperti in occasione di lavori per il frenocomio.."). Assolutamente degni di nota anche alcuni frammenti di cassa e coperchio di urnetta: seppur frammentari essi potrebbero venire restituiti, dopo un non semplice raffronto, alle urne originarie.
Una volta completata la pulizia (che alla fine si è trasformata quasi in uno scavo archeolgico), si è provveduto alla sostituzione del fatiscente cancello in legno con uno in ferro battuto, degno di far da ingresso alla tomba; la scalinata di accesso è stata provvista di corrimano e alcuni degli scalini sono stati restaurati. Il lastrone di chiusura è stato fissato alla parete da un pernio di sicurezza. Tutto questo grazie al solerte lavoro degli operai del Comune e delle ditte attivate mediante il contatto di Renzo Provvedi, factotum e instancabile lavoratore. E' stato così che, dopo anni di oblio, la tomba è tornata a splendere del suo fascino e della sua suggestione. Volterra recupera un altro monumento del suo illustre passato, troppo spesso considerato come un fardello e non come una risorsa. Ogni tanto, anzichè coperte dal cemento e messe a tacere per sempre, le vestigia etrusche tornano a parlare.
(
Simone Stanislai © 2010 - SOS VOLTERRA)